Leonardo Benucci

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Biografia

Sono nato nella città più bella del mondo,non è un merito, solo il caso e la fortuna. La guerra era finita da poco e la repubblica aveva vinto il suo scontro, referendum, con la monarchia, ma la costituzione non era ancora stata approvata dal parlamento. Era una caldissima giornata di mezz’estate, ferragosto era appena trascorso ed io venni alla luce alle 3 e un quarto del pomeriggio di domenica.
La prima fanciullezza trascorse un po’ all’ombra della Torre di Maratona, un po’a quella della Torre di Arnolfo, due simboli, uno sportivo e l’altro storico della Firenze che amo.
Mi hanno raccontato, io non lo ricordo, che è stato un cane ad insegnarmi a camminare: mi permetteva di appoggiare le mani sulla sua schiena e camminava piano piano per casa; non lo ricordo, ma ne vado orgoglioso
Non vado invece per niente orgoglioso del fatto che i miei genitori mi abbiano fatto battezzare senza il mio consenso, quando non ero in grado di oppormi, a tradimento in poche parole. Educato in una famiglia cattolica praticante, già dalla prima adolescenza sono diventato ateo razionalista, integralista e fondamentalista, con gravi e ripetuti scontri filosofici in famiglia, con ricatti e pressioni alle quali non ho mai ceduto. Sono a tutt’oggi convinto che le religioni devono morire se l’umanità vuol sopravvivere.
Ho fatto cento lavori, non ho mai storto la bocca di fronte ad un’offerta, ho alternato periodi di relativa tranquillità economica ad altri, molti di più, in cui dovevo lottare con i centesimi per arrivare allo stipendio successivo, ma ho sempre cercato di non lamentarmi più del necessario. Sul lavoro ho incontrato persone squisite e persone sgradevoli, da tutte ho imparato qualcosa, a cercare di imitare le prime a comportarmi all’opposto delle altre.
Anche nella vita ho conosciuto tante persone, ma ho avuto pochissimi amici, però gli amici sono più che fratelli.
Ho praticato cento sport, in maniera dignitosa, ma senza emergere veramente in nessuno.
Ho avuto tante storie, belle, stressanti, nessuna inutile, sono stato un irrequieto, sono stato spesso infedele, finché non ho incontrato la mia attuale compagnia e non ho più sentito la voglia di cambiare, forse è colpa dell’età, ma io credo invece che sia merito della mia donna.
Ho cercato di improntare la mia vita basandomi sulle tre virtù cardinali dell’antica filosofia: apateia (il distacco dalle passioni), aporein (il dubbio continuo) epoché (la sospensione del giudizio), con i primi due ci sono riuscito piuttosto bene, invece ci sono persone o situazioni che non riesco a evitare di giudicare e questo mi dispiace molto e mi crea imbarazzo.
I giorni più significativi, in positivo della mia vita: la nascita dei miei figli, l’incontro nel mondo esterno con Sonia, la mia compagna, l’incontro nel mondo interno con il mio alter ego, Lemuele Burton.
Lemuele Burton non è uno pseudonimo, è l’altro me stesso, colui che muove le mie dita quando scrivo o più raramente disegno, che entra nel mio cervello quando imposto un nuovo racconto, che elabora romanzandole le storie che io ascolto. Talvolta si allontana, anche per lunghi periodi, tanto che l’ho dato per morto almeno in un’occasione, ne avevo anche scritto il necrologio tanto ero convinto che non sarebbe tornato, ma poi riappare all’improvviso, senza spiegazioni, riprende il suo posto come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se non si fosse mai mosso da dentro di me e le mie mani riprendono a narrare, a inventare situazioni, ad elaborare storie.
Vivo ancora nella città più bella del mondo, la città di cui sono innamorato, ma sogno di andarmene, dall’altra parte dell’Appennino: no, non è una contraddizione, è che oggi desidero più di ogni altra cosa riunirmi con la mia compagna e trascorrere con lei gli anni che mi restano da vivere, continuando a scrivere le mie storie lasciando che Lemuele Burton guidi ancora la mia mano.


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